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mercoledì 16 aprile 2014

ALLEVARE PESCI NELL'ANTICA ROMA

"(...) il lusso dei ricchi arrivò a chiuder il mare e a imprigionare lo stesso Nettuno"
Lucio Giugno Moderato Columella, " De Re Rustica" VII,16


Ai tempi della Roma imperiale, mangiare pesce e molluschi freschi non era certo appannaggio di tutti.
Sulle bancarelle dei mercati della Roma di duemila anni fa non era semplice trovare pesce particolarmente fresco, difficilmente il popolo poteva trovarsi nel piatto un alimento così pieno di proprietà nutritive e povero di grassi.

Tradizionalmente la Roma del III- IV millennio a.C. non era una città con grandi consuetudini marinare, si poteva ricorrere al pesce d'acqua dolce del Tevere o a quello maleodorante delle bancarelle venduto da pescatori che tentavano di mantenere umido il loro pescato ricoprendolo con alghe bagnate.


Poche e piccole erano le imbarcazioni da pesca, lunghi i tempi di trasporto fino ai mercati cittadini, spesso si finiva per importare pesce essiccato dalle aree attorno a Gibilterra, quantità insufficienti per coprire il fabbisogno della popolazione.

Con l'espandersi dell'egemonia romana in tutto il mondo allora conosciuto, le abitudini e le esigenze dei cittadini cambiano, dopo la conquista di Cartagine Roma diviene potenza marittima, superando perfino Greci e Fenici .

Con l'allargarsi dei confini geografici i gusti alimentari si raffinano: i ricchi iniziano ad apprezzare e distinguere le qualità del pesce di mare lasciando al popolo quello di acqua dolce.
Per le classi abbienti consumare pesce di mare di alta qualità è una forma per esibire l'elevato stato sociale, uno status symbol da mostrare ai propri invitati.


Il problema maggiore è l'alta deperibilità dell'alimento che associa la freschezza a costi elevatissimi.
Si ricorre all'essiccazione in Oriente, salagione nel bacino del Mediterraneo e nel Nord Europa ma la continua richiesta di pesce finisce per dilapidare il patrimonio ittico naturale.

Vivarium circolare, Sperlonga, Villa di Tiberio

Nascono così nella Roma imperiale del I secolo le prime forme di piscicoltura, già in uso presso Egizi e Fenici. In Cina era invece già praticato l'allevamento della carpa a livello "industriale".

Tra i pesci più ambiti troviamo orate, sogliole, triglie, murene, anguille, cefali, scampi, seppie, polpi, molluschi tra cui le ostriche.
Molto apprezzato all'epoca per la prelibatezza delle carni è lo Sparisoma cretense (Pesce pappagallo del Mediterraneo), un fatto curioso narrato da Plinio il vecchio (scrittore latino, I sec. d.C.) è il ripopolamento delle coste campane per mezzo di apposite navi attrezzate con piscine che trasportavano il pesce richiesto.

Vivaria antistanti la Villa di Tiberio

Allevare pesci e molluschi presso le ville sulle coste diventa una moda sfrenata a cui i patrizi non possono rinunciare, non solo passatempi od ostentazioni di ricchezza ma anche fonti di guadagno.
In epoca repubblicana si utilizzano i laghi naturali come il Velino, Cimino, Bolsena per allevare pregiati pesci d'acqua dolce, poi nell'età imperiale tutto questo non basta più: si arriva ad imprigionare braccia di mare per creare stagni e piscine (vivarium) in cui si pratica la piscicoltura.

Nettuno, resti dell'antica peschiera

Le spese di impianto e mantenimento dei vivaria marittimi sono faraonici, racconta Varrone (letterato del II- I sec. a.C.) di un tale Lucio Lucullo che aveva fatto perforare un monte per consentire un ricambio continuo di acqua marina in entrata ed uscita nel suo allevamento.
Manie di grandezza ed esagerazioni avevano dato vita a costruzioni di dighe sotterranee e canali comunicanti col mare affinchè le maree favorissero un ricambio giornaliero dell'acqua.

I vivaria erano studiati accuratamente, vasche corridoi e paratie in piombo con grate manovrate dall'alto assicuravano un continuo ricambio dell'acqua ed impedivano la fuga dei pesci, come in un grande acquario venivano collocati piccoli scogli e alghe, creati anfratti e inserite anfore ad uso di tane per i pesci affinché l'ambiente fosse il più naturale possibile.

Paratia in piombo con fori per il ricambio dell'acqua

Nel tempo le strutture adibite alla piscicoltura situate sulla costa laziale e campana diventano di alto livello ingegneristico con percorsi obbligati per i pesci che vengono allevati intensivamente, la costruzione delle piscinae accresce il valore e l'importanza degli edifici principali attigui.

Columella (scrittore romano di agricoltura I sec.d.C.) nel suo trattato "De re rustica" dedica all'acquacoltura gli scritti "De piscium cura" e"De positione piscinae" in cui illustra con dovizia di particolari la miglior costruzione dei vivaria.

Columella consiglia:
"Riteniamo ottimo uno stagno posizionato in maniera tale che l'onda che entra allontani la precedente e non le permetta di rimanere all'interno del bacino. Infatti, una vasca siffatta è assai simile al mare aperto, che agitato assiduamente dai venti, si rinnova e non può riscaldarsi, poiché l'onda fredda risale dal fondo alla superficie. Tale vasca, dunque, viene scavata nella roccia, peraltro assai rara, o costruita sulla costa con calcina di Signa".

Suddivisione in vasche

Sono stati rinvenuti trattati che spiegano come costruire i vivaria dividendoli in comparti, quali materiali utilizzare e dove rinvenire le migliori qualità, gli accorgimenti idraulici per mantenere l'acqua sempre pulita e in movimento.

Murenario, Ponza

Uno dei primi allevamenti ittici nella storia di Roma si trova a Ponza, è un murenario, le murene infatti erano allevate con cura e ben nutrite sia perchè molto apprezzate dagli imperatori che per la loro grande adattabilità.
Esistevano apposite piscine in cui si ricreavano gli ambienti naturali idonei alle murene, si allevavano appositamente pesci per sfamarle.
Pare che la bellezza, la pericolosità e la voracità delle murene attraesse notevolmente gli antichi Romani  che ne amavano molto le prelibate carni.
Storie tutte da dimostrare raccontano di allevatori che utilizzavano schiavi ribelli per nutrire le fameliche murene, altri ancora le amavano come animali da compagnia fino ad ornarle con orecchini posti sulle branchie.


Nell'allevamento dei mitili al primo posto troviamo le ostriche, le Ostriaria erano costruite con reticoli di palafitte di legno a cui erano sospese corde in cui venivano inseriti i mitili da allevare.


Lungo il litorale tirrenico, tra Toscana e Campania, si trovano ancora resti di numerosi vivaria semiemersi che, anche se con caratteristiche diverse, presentano numerosi elementi comuni: pianta quadrangolare, scavati nella roccia o costruiti in muratura, moli frangiflutti ad arco che avevano lo scopo di smorzare l'impeto delle onde.

I vivaria erano costituiti da numerose vasche distinte tutte collegate ad una vasca centrale adibita alla pesca del pesce, nelle vasche periferiche si collocava il pesce da allevare, suddiviso per categoria.
I fondali venivano mantenuti il più possibile allo stato naturale, dove erano carenti si creavano anfratti, le profondità scarse venivano aumentate mediante scavi.



Il personale che gestiva i vivaria si muoveva tra una vasca e l'altra mendiante ponteggi o piccole imbarcazioni.

Vasche per la preparazione del garum

Le interiora e i pesci meno pregiati non si gettavano: servivano per la preparazione dl famoso garum, la maleodorante salsa di cui i romani andavano pazzi!

I vivaria antichi di duemila anni sono ancora sulle coste accanto ai resti delle loro ville, silenziosi testimoni della grandezza dei nostri avi.






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